Hayao Miyazaki e l'Airone: recensione del documentario di Kaku Arakawa (2024)

Hayao Miyazaki e l'Airone è il racconto degli anni, entusiasmanti e faticosi, che precedono la realizzazione del capolavoro del maestro giapponese. Dal 25 novembre 2024 in sala.

Sette milioni di euro, gli incassi. Un milione, gli spettatori. Bastano i numeri italiani del suo ultimo (?) film, Il ragazzo e l’airone, uscito in Giappone nell’estate del 2023 e da noi qualche mese più tardi, a descrivere la portata del fenomeno Hayao Miyazaki. Il maestro dell’animazione giapponese è molto più di un autore: un brand, un beniamino della critica, un’icona culturale, un punto di riferimento per gli amanti di un cinema sensibile, intelligente e dalla creatività vorticosa. Da un po’, anche una presenza affidabile al botteghino. Hayao Miyazaki e l’Airone è il titolo del documentario diretto da Kaku Arakawa nelle sale italiane il 25, 26 e 27 novembre 2024 per una distribuzione Lucky Red. Due ore per raccontarci i sette estenuanti, faticosi, lunghi e incredibilmente emozionanti anni che precedono l’uscita nelle sale di Il Ragazzo e l’Airone. La visione è fortemente consigliata al pubblico specializzato, agli amanti del genere e ai cultori dell’universo Miyazaki. Paradossalmente ma non troppo, anche chi sa e conosce poco dell’autore giapponese troverà inattese ricompense: un viaggio dettagliato nella mente di un creativo al lavoro. Ci sono più ostacoli da superare di quanto non si pensi.

Hayao Miyazaki e l’Airone: i sette anni che precedono l’uscita di un capolavoro

Hayao Miyazaki e l'Airone: recensione del documentario di Kaku Arakawa (1)

Stanchezza. Frustrazione. Ansia. Paura. Eccitazione. Soddisfazione. Curiosità. La mente tormentata, ma non potrebbe essere altrimenti visto il compito, di Hayao Miyazaki, è il cuore pulsante di Hayao Miyazaki e l’Airone. La regia di Kaku Arakawa fa la cosa giusta; racconta il Miyazaki artista, il processo creativo, le sfide e gli ostacoli da superare, ne mette in mostra attitudine e personalità – alludendo indirettamente anche alla dimensione privata – ma non in maniera caotica e dispersiva. Sceglie di parlare dell’universale concentrandosi sul particolare. La vita e l’arte di Hayao Miyazaki, sintetizzate dai sette anni circa – dal 2016 al 2023 – che precedono l’uscita in sala di Il ragazzo e l’airone.

In realtà, comincia tutto un po’ prima del 2016, che sarebbe l’anno in cui Miyazaki si presenta dal produttore-collaboratore-amico-nemico Toshio Suzuki avvertendolo (“ho scritto una cosina!”) che è ora di ripartire. L’ironico antefatto è l’annuncio in pompa magna del ritiro dalla scene, in coincidenza con l’uscita nelle sale di Si alza il vento (da noi arriverà nel 2014). Ironico, perché alla pensione non ci crede nessuno, nemmeno lui, come sottolinea con divertita malizia Toshio Suzuki. La mente di un creativo non è vincolata dai ritmi e dalle routine di una vita lavorativa standard. Hayao Miyazaki è un artista e non può rinnegarsi. Tre anni di decantazione, e nel 2016 si ricomincia.

Kaku Arakawa costruisce un incalzante conto alla rovescia verso il giorno zero, il giorno dell’uscita in sala del film – in Giappone, estate 2023, senza campagna pubblicitaria – partendo dall’elaborazione dello script per proseguire con i primi contatti per i finanziamenti, l’elaborazione degli storyboard (la sceneggiatura visuale), i giornalieri, la definizione delle sequenze più complicate, la fine del lavoro, soundtrack e doppiaggio, l’attesa nervosa del risultato al box office. Fa cronaca del mood giornaliero di un maestro al lavoro – nervoso e preoccupato – ne documenta la simpatia e la gentilezza, l’influenza esercitata su chi gli sta intorno, la fatica e la soddisfazione. Chiarisce molto del senso recondito di Il ragazzo e l’airone, senza scendere nei dettagli. Funziona per lo spettatore informato, che ha già visto il film e, senza perdere la magia, è in grado di approfondirne significato e mappa tematica (scoprendo anche qualche divertente allusione personale!). Funziona per lo spettatore meno informato, che il film non l’ha visto e, senza incappare in spoiler, può farsi prendere dalla curiosità. Dei tanti segreti svelati, quello più emozionante di Hayao Miyazaki e l’Airone si chiama Isao Takahata.

Vita e arte, una cosa sola

Hayao Miyazaki e l'Airone: recensione del documentario di Kaku Arakawa (2)

Isao Takahata è stato un regista, sceneggiatore e produttore giapponese, nato nel 1935 e morto nel 2018, nel mezzo della lavorazione di Il ragazzo e l’airone. Tra i suoi titoli più importanti bisogna ricordare La storia della principessa splendente (2013), Pom Poko (1994) e il capolavoro dei capolavori La tomba delle lucciole (1988). Isao Takahata è l’altro grande nome dell’animazione giapponese, il maestro in seconda, amato dalla critica e dai cinefili ma con meno appeal culturale e una forza commerciale più circoscritta. Hayao Miyazaki non l’ha mai vista in questo termini. Come ci illustra, con commovente dettaglio, il documentario di Kaku Arakawa, Isao Takahata è stato un mentore, un amico, un fratello maggiore, un punto di riferimento, un avversario professionale – da ascoltare la maliziosa recensione di Pom Poko – e un critico severo.

Isao Takahata, Paku-san per l’amico, ha sempre pensato che Miyazaki potesse e dovesse dare di più. La ricerca dell’approvazione del mentore e la fustrazione per il mancato riconoscimento ne hanno guidato la carriera e, forse, spiegano anche la genesi del film del 2023. La morte di Takahata nel 2018 manda in tilt, creativo e sentimentale, Hayao Miyazaki. Il ritardo con cui Il ragazzo e l’airone arriva in sala – previsto per il 2021, viene posticipato al 2023 – non è dovuto soltanto a inconvenienti tecnici e al generale rallentamento delle attività cinematografiche indotto dalla pandemia. Molto dipende, anche, dalla crisi umana del regista che, almeno per un po’, non riesce a accettare la perdita dell’amico.

Hayao Miyazaki e l’Airone è la storia di un artista straordinario che scopre di essere anziano, mentre molti amici se ne vanno e lui resta, senza capire bene il perché. Nessun fantasma è più ingombrante di Takahata; la sfida creativa di Hayao Miyazaki è trovare un modo costruttivo e stimolante per integrare l’esperienza della morte nell’intelaiatura del film. Hayao Miyazaki e l’Airone parla di vita e di morte, del reciproco nutrimento tra vita e arte, dei rischi e delle fatiche di una vita creativa – nelle parole di Miyazaki, “aprire il coperchio del cervello” – dei mille ostacoli seminati lungo la strada di un film, della gioia quando è finita e della smania di rimettersi al lavoro, nonostante la fatica, l’ombra della morte e l’imprevedibilità dell’esistenza. Vita e arte, come se fossero una cosa sola: la bellezza, ci insegna il documentario, viene proprio da lì.

Hayao Miyazaki e l’Airone: valutazione e conclusione

Hayao Miyazaki e l’Airone è un incalzante collezione di frammenti di vita e arte di un maestro del cinema contemporaneo; veloce, nervosa, dalla ritmicità ossessiva. Funziona il racconto dell’interiorità dell’artista, dei sogni, delle necessità, della gentilezza e delle pretese, del peso del talento sulla vita e il lavoro di chi gli sta intorno. Non c’è una linea netta a separare mestiere e privato e in questo senso il documentario è un’emblematica riflessione su profilo e caratteristiche generali di una personalità artistica. La natura frammentaria del racconto e l’implacabile conto alla rovescia, proiettati sulle due ore di durata, appesantiscono la fluidità dell’esposizione, soprattutto sul finale. Serviva, forse, un passo diverso per le diverse fasi della storia. Imperfezione trascurabile di un documentario emozionante e, a dispetto dell’ombra della morte che circonda tutte le cose, incredibilmente vitale.

Regia - 3

Sceneggiatura - 3

Fotografia - 3

Sonoro - 3

Emozione - 3.5

3.1

Hayao Miyazaki e l'Airone: recensione del documentario di Kaku Arakawa (2024)

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Author: Saturnina Altenwerth DVM

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